I cacciatori dei confini

20 settembre 2015

By Marco Marano

Quello di Röske è uno dei primi campi di raccolta dei rifugiati sorto con la costruzione del filo spinato che costituisce il muro, voluto dal primo ministro ungherese Viktor Orbán, al confine tra Ungheria e Serbia. Non estiste un vero centro abitato: è proprio un campo di concentramento nato nelle scorse settimane. Lì vi era, fino alla proclamazione della legge entrata in vigore il 15 settembre, sull'arresto di chi è senza documenti, uno dei varchi verso la Serbia da cui i rifugiati potevano passare. Ora, il rotolo di rete metallica, quattro metri circa, impedisce la via di fuga.

Il contrasto tra il filo spinato e i campi di gran turco hanno fatto da sfondo a immagini raccapriccianti. Da un lato lo smistamento degli esseri umani verso, i treni di cui uno croato letteralmente sequestrato o i pulman, senza conoscere la direzione e la meta: verranno portati dentro il campo di concentramento, per prendere le impronte e poi essere arrestati? Oppure verso il confine con l'Austria, come la polizia continua a ripetere? A ciò si aggiungono le ambigue dichiarazioni che rimbalzano tra est ed Europa occidentale incentrate sulla differenziazione tra migranti economici e richiedenti asilo, perchè si continua ad affermare che attraverso gli esodi epocali che stanno coinvolgendo l'Europa, si stanno infiltrando persone che non fuggono da guerre e persecuzioni ma semplicemente dalla povertà...

Poi gli scontri. Scena I: le sassaiole di gruppi di giovani rifugiati si contrappongono ai lacrimogeni e ai getti d'acqua dei blindati ungheresi... Scena II: i bambini non ce la fanno e bisogna prenderli in braccio per sfondare il cordone che la polizia ha costituito. Si avvicinano lentamente, poi cominciano a premere, fin quando, sempre con i bimbi sul collo, riescono a sfondare. Qualcuno passa, altri vengono bloccati, non importa se uomini o donne o bambini...

Ma c'è un'altra storia che fa da sfondo a quest'ultima, e riguarda un'altra località di confine, sempre sulla linea tra Ungheria e Serbia. Si tratta di un villaggio ungherese che si chiama Asotthalom. Anche da quelle parti che la polizia ungherese va a caccia di migranti in mezzo alla foresta. Una cittadina di quattromila persone, la cui economia è prevalentemente agricola e il cui sindaco appartiene al patito Jobbik, al governo insieme ad Orbán. Il punto è che i jobbik si ispirano al neo-nazismo, in modo chiaro e lampante, tanto che è stato affisso nella stazione dei bus un avviso alla cittadinanza sul rischio di contagio dalle malattie dei migranti, corredato da due foto manipolate: un braccio devastato da piaghe e una persona morta in barella... Sono arrivati al punto di costruire lo stigma della razza impura...

Se questa è la cronaca, le considerazioni che ne possono scaturire, per chi ha coscienza del nostro tempo e della storia, non possono che essere inquietanti. Questo perchè le istituzioni nazionali ed europee continuano a far rientrare l'azione del governo Orbán nella categoria dell'egoismo nazionale, mentre i fatti ci dicono che questa è una nuova forma di fascismo, che racchiude in se i caratteri tradizionali di questo modello autoritario che l'Europa ha conosciuto bene.

Scrive la giornalista del Guardian Laurie Penny: "Il fascismo nasce quando una società profondamente divisa viene spinta ad unirsi contro una presunta minaccia esterna. E' quel terrificante LORO che dà la falsa impressione che ci sia un NOI da difendere..." Mentre si prepara un nuovo "asse di ferro" in salsa euro-asiatica tra Russia, Ungheria e Siria, gli elementi dei fascismi del XX secolo si ripropongono inequivocabilmente: c'è un olocausto, c'è una persecuzione, con relative violenze a pezzi di popolazioni, e c'è una mistificazione, con relativo sovvertimento dei significati della realtà, attraverso oculate propagande...

 

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