INTRODUZIONE

 

OLTRE IL TEMPO, AL DI LA’ DELLO SPAZIO

 

Queste crisi di inizio millennio

Gli anni tra il 2011 e il 2013 sono stati caratterizzati da due eventi epocali: l’acuirsi della crisi internazionale nelle economie liberali, cominciata nel 2008, e le primavere arabe, susseguitesi nei paesi del nord Africa e del Medio Oriente. Due eventi che in un modo o nell’altro hanno avuto dei punti di contatto: grandi manifestazioni di protesta nelle piazze e nelle strade di tutto il mondo per contestare i palazzi del potere, attraverso i quali la forbice tra i bisogni dei popoli e le azioni dei governi, sia nazionali che transnazionali, si è ampliata sempre di più.

Ora, questi grandi eventi sociali, politici ed economici hanno in qualche modo fatto da sintesi alle contraddizioni storiche della civiltà contemporanea, poiché è impensabile che due crisi epocali così profonde, possano esplodere dall’oggi al domani. Le cause hanno radici lontane che in breve possiamo racchiudere in due fotografie. La prima riguarda un mondo dove il sistema finanziario invade le prerogative dei sistemi politici, i quali si lasciano invadere per gestire rendite di posizione e potere. La seconda fotografia concerne i paesi arabi, dove per decenni si sono combattute guerre a sfondo religioso, e dove alcuni regimi autocratici venivano sponsorizzati dai paesi occidentali, per la gestione delle risorse, i cui proventi non erano finalizzati al benessere dei popoli ma a quello dei paesi partner e dei dittatori di turno. L’aspetto più inquietante di quest’ultima fotografia è che i dittatori partner dell’occidente, garantivano una barriera contro Al-Qaeda e il jihadismo, in nome della quale erano legittimati a sottomettere i propri popoli con la barbarie…

Ci sono però altri due elementi comuni a questi eventi epocali. Innanzitutto l’esplosione del web come stanza degli echi, per dirla alla McLuhan, il quale utilizzò questa espressione per spiegare le capacità del mezzo radiofonico tra le due guerre mondiali. La stanza degli echi produce echi risonanti, come i tamburi delle comunità tribali, che avevano la funzione di trasmettere informazioni ma anche suggestioni identitarie ai membri della tribù in qualsiasi luogo della foresta essi si trovassero. In tal senso i social network hanno avuto la funzione di stanza degli echi, diffondendo echi risonanti ai popoli in piazza, per ritrovarsi in un’azione comune. Un’azione non un progetto, poiché la stanza degli echi funziona come un medium e non come un sistema associativo burocratizzato, ma questa è un’altra storia…

Poi ci sono le rivendicazioni, che nei paesi arabi erano strettamente legate, anzi sono strettamente legate, alla limitazione della libertà e alla povertà, che comunque è una storia diversa rispetto a quello che è successo in occidente, con i vari movimenti occupy/indignati. Però c’è un termine che ci ha molto colpiti: “hogra”. Una parola forte, che ha innescato la prima rivolta, quella in Tunisia. E’ sinonimo di sopruso. Già il sopruso chi lo compie generalmente? Il potere decisionale, quando, anziché fare il bene del popolo, fa i propri interessi. Ma quando il potere fa unicamente il proprio bene questo non può che generare una rete di privilegi, che hanno l’effetto di allontanare il popolo. Con le dovute differenze, questa è la motivazione che ha scatenato le piazze di tutto il mondo…

E’ un’altra fotografia, che può raccontare qual è il problema di fondo del nostro tempo, che poi nelle varie parti del pianeta assume le caratteristiche legate alla vocazione dei singoli paesi, e che le due crisi epocali hanno messo a nudo. Questo significa, ad esempio, che i paesi dell’Europa meridionale, cioè Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, sono stati quelli che peggio hanno attraversato la crisi internazionale, perché il sistema di privilegi e di corruzione delle classi politiche era così alto da rendere particolarmente fragili le strutture economiche, gestite, comunque, in modo piratesco. In alcuni casi, come la Grecia e l’Italia, le stesse classi dirigenti sono rimaste inamovibili per più di vent’anni, in uno stato di crisi istituzionale permanente. Lì, il sistema democratico è stato fisiologicamente sostituito da un sistema oligarchico, che in Italia è stato ribattezzato in termini di casta.

 

Nel labirinto dei segni

Se volessimo fare un piccolo gioco teatrale, potremmo descrivere questa fase storica come una messa in scena tra le maschere del potere contro le maschere dei popoli, dove le prime si stringono dentro un fortino ben protetto, e le seconde s’impossessano delle città per scalfire questo fortino. Il colpo di scena avviene quando ci si accorge che ognuna delle due dimensioni, cioè il potere e i popoli, fanno un racconto diverso rispetto a quello che succede nel mondo. Il racconto del potere appartiene ai mezzi di comunicazione di massa, che, al di là del fatto che possano essere indipendenti dal potere politico o meno, gli si propongono come stanza degli echi. Il racconto dei popoli, invece, proviene dal web, attraverso i social network, i blog, You Tube, e le parole, come le immagini, sono quelle dei cittadini, anzi sono espressione di cittadinanza. Ma queste due dimensioni vanno a scontrarsi producendo attriti e sommovimenti, poiché la dimensione del potere è una dimensione statica mentre quella dei popoli è dinamica.

Il linguaggio diventa dunque l’elemento principale dell’interazione tra le maschere. Ma c’è un problema. Il potere per continuare a conservare le proprie prerogative ribalta i significati della civiltà alfabeta: cambiando i significati il popolo, pensa il potere, è portato ad accettare qualsiasi cosa. Ecco che però entra in scena un’altra maschera, Entropia, cioè il caos generato nei cittadini dal ribaltamento dei significati. Entropia è una maschera subdola, perché cerca di rassicurarti ma all’improvviso ti prende per mano e ti porta dentro il labirinto dei segni, e da lì diventa difficile uscire. Tra l’altro, il ribaltamento dei significati, porta a ridefinire il paradigma fondamentale, sia per il potere che per i popoli: ciò che è lecito da ciò che non lo è. Ma da cosa è stabilita la liceità di un’azione? Dalla linea rossa! Già, la linea rossa determina il confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è. E sono ovviamente le maschere del potere a decide di spostare la linea rossa a loro piacimento. Per esempio, se un dittatore massacra il proprio popolo con le armi convenzionali questo è lecito, ma se lo fa con le armi chimiche significa che egli ha varcato la linea rossa, per cui non è più lecito e occorre intervenire… Oppure, se un dittatore calpesta il proprio popolo, ma è in grado di garantire l’occidente di buoni affari e di rappresentare un argine al jihadismo, la linea rossa sta sempre davanti, non viene varcata…

Questo libro nasce dalla consapevolezza che gli “strumenti della conoscenza di massa”, oggi sono ingabbiati all’interno di logiche che non hanno al centro i cittadini con le loro prerogative, per questo la conoscenza e la comprensione dei fatti e delle dinamiche sociali del nostro tempo diventano problematiche.

Consideriamo, da un lato, la legge sui meccanismi innescati dal surplus informativo, secondo cui la massiccia invasione di informazioni, generata dalla moltiplicazione dei mezzi di diffusione, ha un effetto contrario nel cittadino, quello cioè di disinformarlo. Dall’altro lato, ma questo è un caso tipicamente italiano, la stretta interconnessione tra sistema mediatico e potere politico, produce mistificazione e ribaltamento della verità. Possiamo dire, dunque, che lo scenario che abbiamo davanti è tanto sconfortante quanto pericoloso. Ed infatti in Italia gli effetti sono ben visibili, poiché i mezzi d’informazione non assolvendo alla loro funzione, deprivano il popolo degli strumenti di decodifica della realtà, che vengono, insomma, sostituiti dalle percezioni sociali e non dalla verità.

Se l’Italia ha scoperto di essere un paese razzista, speriamo non a maggioranza, la responsabilità principale è proprio dei mezzi d’informazione. Infatti, i processi di produzione delle informazioni sono così malati che non affrontano le questioni del nostro tempo, non contestualizzano, non entrano dentro i fatti per individuarne la radice: come nascono, perché si evolvono, di chi sono le responsabilità; è il labirinto dei segni, da cui non si può uscire. Ma non uscire dal labirinto dei segni come si traduce nel quotidiano? Scambiando, appunto, la conoscenza con la percezione, per cui la lettura ed il confronto con la realtà che fa il cittadino sono patologiche, poiché la realtà vera è un’altra. In qualche modo, il livello di entropia prodotto dai governi, viene proiettato sui cittadini attraverso i mezzi d’informazione, volenti o nolenti.

 

Intercettori del web

Gli unici anticorpi, per chi fosse interessato ad intercettarli, provengono dal web, mediante la ridefinizione dei processi di produzione delle informazioni, che partono dal basso: il citizen journalism. La rete, oltre a diventare fonte di se stessa è anche fonte dei media di massa. In tal senso, l’esperienza, di cui siamo portatori, cioè il progetto on line Radio Cento Mondi, ha come obiettivo il “tornare alla comprensione per esorcizzare le percezioni”. L’idea è quella di raccontare il nostro tempo in una sorta di viaggio a ritroso, che ci permetta di guardare agli “stranieri“ come cittadini portatori di diritti negati nei loro paesi d’origine e magari mettere a confronto i loro diritti negati con i nostri.

E’ chiaro che, con la possibilità di elaborare pratiche legate alla comunicazione giornalistica, al di fuori delle distorsioni del sistema mediatico, ci si pone l’obiettivo di ristabilire la giusta equazione tra gerarchia delle notizie e il valore pubblico delle stesse, al fine di superare dettami e stereotipie proprie alle strutture informative. E‘, in qualche modo, l’idea di ridefinire la mappa sociale della comunicazione, soffermandosi sui paesi del sud del mondo, per focalizzare l’attenzione su quello che succede laggiù.

Ma è anche un racconto privato attraverso le storie dei protagonisti del nostro viaggio. Perché sono storie di vita che occorre conoscere se si vuole avere un'idea, se ci si affretta ad emettere un giudizio sul tema dei processi migratori in particolare e dei diritti negati in generale. Ma è anche la storia dei paesi del sud del mondo, delle cui condizioni, in modo storicamente conclamato ormai, è responsabile il sistema di vita occidentale.

C’è anche un discorso sul linguaggio poi dentro il progetto on line Radio Cento Mondi, che ci tocca da vicino e ci stimola a mettere a fuoco diverse tipologie di comunicazione, testuale, sonora e visiva, col preciso intento di sperimentare forme di racconto, costruite su ritmiche diverse, di cui il web è emittente. Ogni pezzo di racconto utilizza un linguaggio differente, ma quando tutte vengono messe insieme diventano il racconto stesso. Ecco che la dimensione emotiva prende il sopravvento con i suoni, mixati secondo una logica musicale a cui il racconto di ciò che avviene nei cento mondi deve adattarsi. Anche perché l'uso di materiale sonoro, proveniente dai media di massa videotelevisivi, tracciati su You Tube, permette di amplificare la carica emotiva sul contrasto tra bianco e nero.

Certo, una esplorazione delle poetiche e delle forme espressive anche non strettamente legate al meccanismo dell'informare, ha sicuramente l'intento di marcare l'attenzione sulla natura evocativa della comunicazione, questa infatti rappresenta la nostra esigenza di lanciare un “urlo nel villaggio“, anche a chi non vuol sentire, pretendendo di ridare significato simbolico alla stanza degli echi.

Anche dentro questo libro troviamo “segni” differenti, legati naturalmente ai linguaggi testuali: cronache, commenti, ricostruzioni, analisi, racconti, resoconti, pezzi teatrali, ripresi dalle varie piattaforme web dove il progetto on line si è strutturato, e uniti in una unica soluzione di continuità. E’ una narrazione diversa, che cerca di entrare dentro le vicende del nostro tempo attraverso delle “foto istantanee”, con qualche flash back di rimando, che messi insieme formano un mosaico variegato, con chiavi di lettura dagli accenti eterogenei, dove ogni lettore può aprire e chiudere le caselle del mosaico che preferisce. Per tale ragione abbiamo voluto eliminare la temporalità, poiché la data in cui una storia o un fatto si svolge diventa priva di significato, nel momento in cui l’intento è quello di raccontare il caos del nostro mondo, che in questo modo assume una dimensione simbolica: oltre il tempo e al di là dello spazio. Non garantiamo però la fuoriuscita dal labirinto dei segni…