L’EUROPA CHIUSA AI MIGRANTI

20 aprile 2011

 

By Marco Marano

 

 

Due scenari collegati

 

C’è una linea di congiunzione tra la dimensione sociale e politica dell’odierna Europa e quello che succede in Africa, anzi si potrebbe dire che l’una determina l’altra. Da quando sono state innescate le rivolte popolari in medioriente, che hanno generato gli esodi di massa verso l’Europa, alcuni fatti, se venissero collegati, costituirebbero uno scenario interessante su cui riflettere. Partiamo dal concetto di “governance europea”. Dopo gli anni della Strategia di Lisbona, che voleva un’Europa basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile, con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale, e dopo le grandi manovre per una “Costituzione europea” fondata sui principi di giustizia e di inclusione, quello che rimane è una protezione sempre più accesa delle singole prerogative nazionali, soprattutto in termini di stabilità economica.

 

E’ infatti questo il contesto all’interno del quale si è sviluppata la “baruffa” tra Francia, Germania e Italia con la Commissione Europea che ha fatto da sponda. Una lite scaturita dall’interpretazione del Trattato di Scenghen per far circolare i migranti tunisini in Europa, i quali, è bene ricordarlo, hanno come obiettivo, non tanto di riparare in questo o quel paese, ma il ricongiungimento familiare con parenti che vivono in Francia, Belgio e Germania. Se fosse esistita una governance europea, non economica ma politica, basata sui valori della strategia di Lisbona o su quelli della Costituzione dell’Unione, anziché mettere avanti dei principi costruiti in tempi di normalità, si sarebbe potuto ragionare sull’eccezionalità degli eventi, individuando come primo paradigma non il concetto di migrazione economica, e neanche quello legato alla protezione internazionale ma, appunto, quello del ricongiungimento familiare.

L'altra faccia della moneta

 

 

L’assenza di governance europea può rappresentare l’altra faccia della moneta, cioè quella che raffigura gli affari e lo sfruttamento delle risorse dei paesi africani da parte delle potenze industriali che fanno affari con dittatori crudeli e corrotti, i quali affamano e schiavizzano i propri popoli. Poi, quando questi popoli migrano, l’Europa li respinge, garantendosi dietro questo o quel trattato. E’ così per i paesi mediorientali in rivolta, ma è così anche per la Costa d’Avorio, il Camerun, il Congo, ed è così anche per la Nigeria, forse il caso più sconcertante ed evidente di un’Europa cinica e spietata, dove proprio due giorni fa si è compiuta l’ennesima guerriglia civile, con massacri di uomini, donne e bambini lasciati per terra a carbonizzare, e questo a causa dei risultati delle elezioni presidenziali, che hanno visto la vittoria del cristiano Goodluck Jonathan, ex vicepresidente uscente.

 

La Nigeria conta 150 milioni di abitanti divisi tra il sud cristiano e il nord musulmano, che ormai guerreggiano da anni, per contendersi le leve del potere, considerato che è il sesto paese al mondo produttore di petrolio ed il primo africano, dove la fanno da padroni le compagnie petrolifere tra cui l’Agip. Ma i proventi dell'oro nero rimangono nelle mani di chi gestisce le leve del potere governativo, mentre il 92 per cento della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, ed è spessissimo costretta a migrare proprio in Europa, che attraverso l'Agip, ha contribuito a distruggere l’ecosistema di interi villaggi, e di conseguenza le attività produttive di agricoltura e pesca, poiché negli anni non ha utilizzato i meccanismi di sicurezza degli impianti.

Due villaggi da raccontare

 

A tal punto ci sono altri due fatti da collegare, che riportano il discorso sull’assenza di governance europea, ma forse, ancor di più, sulla mancanza di una visione strategica dei cambiamenti legati alle migrazioni, a partire dagli ultimi eventi in medioriente per andare a ritroso nel tempo. Questi fatti riguardano due villaggi, nel senso urbano del termine, che in modo isolato possono insegnare all’Europa cosa significa governare i cambiamenti: uno è Riace paesino della Calabria, l’altro è Thiaroye-sur-Mer in Senegal. Si perchè in ambe due i casi i cittadini stessi hanno trovato delle soluzioni al proprio spopolamento e impoverimento.

 

Riace, a cui sono stati espropriati i famosi Bronzi, doveva, anche grazie a questi reperti antichi, oltre ad una speculazione selvaggia sulla costa, diventare un luogo di attrazione turistica. Poi però il paesino della locride, a pochi chilometri da Rosarno, quella della famosa “caccia al negro”, iniziò un irrimediabile processo di spopolamento. Fin quando, un giorno, un barcone di curdi approdò sulla costa e la comunità li accolse. Da quel momento arrivarono eritrei, nigeriani, somali. Attraverso il programma nazionale di protezione internazionale “Sprar”, furono avviati programmi di integrazione sociale, rivitalizzando quelle attività produttive che stavano scomparendo: falegnameria, pastorizia, ceramica, agricoltura, e ancora panifici e artigianato tessile.

 

In seguito a queste azioni, il comune è rinato grazie ai migranti, che sono stati inclusi nella comunità. In una intervista al quotidiano la Repubblica il sindaco ha dichiarato: “Ciascun emigrato per noi è una speranza, qui abbiamo bisogno di loro, loro hanno riportato alla vita il nostro paese”. Così, grazie all'esempio di Riace altri paesi della locride hanno seguito questo vero e proprio modello di sviluppo locale. Perchè una governance vera significa strategia di sviluppo territoriale, dove quello che può essere un problema deve essere trasformato in risorsa. Questo fa un governo virtuoso...

 

Ma c'è un'altra fotografia da raccontare, si chiama Thiaroye-sur-Mer, ed è un villaggio del Senegal. In pochi anni da lì sono andati via decine di ragazzi poco più che adolescenti. Volevano arrivare in Europa per aiutare le loro madri a vivere una vita migliore. Si sono imbarcati nelle piroghe dirette in Spagna, ma arrivati nelle vicinanze delle Canarie il mare se li è presi: sono morti tutti. Ad un certo momento le madri di quei ragazzi hanno deciso di reagire, per impedire altre partenze e altri lutti. Hanno Fondato un'associazione, "Collectif des Femme pour la lutte contre l'emigration clandestine au Senegal" e in breve tempo sono riuscite a ricostruire il sistema produttivo del villaggio, attraverso l'attività ittica. Adesso lì vivono tutti dignitosamente e nessuno è costretto ad andare via e a morire. E questo cos'è se non uno straordinario esempio di governance? Ora, il ragionamento è semplice: i paesi europei vogliono arricchirsi con le risorse della terra africana? Che lo facciano pure, ma anziché fare affari con i dittatori e basta o vendere armi e basta, oppure distruggere gli eco-sistemi e basta, perché non sostengono i paesi africani in veri processi di sviluppo territoriale? Non dovrebbe essere difficile, visto che delle mamme sono riuscite in questo intento nel loro villaggio. Questo farebbero delle nazioni ricche e virtuose. Ma forse la virtù non appartiene al nostro tempo...