L'occupazione delle famiglie indigenti e la lacrime della funzionaria comunale, secondo atto della drammaturgia bolognese

Un altro mega edificio occupato, diventa il secondo atto di questa nuova drammaturgia sociale, dove l'emergenza rappresenta il modello di gestione del territorio

8 DICEMBRE 2015

By Marco Marano

Una giornata buia e uggiosa, una giornata piena di rabbia, in questa Bologna irriconoscibile. Mentre parte della giunta comunale era in vacanza per il ponte dell'Immacolata, in un pezzo di periferia l'ennesima rappresentazione sociale della disperazione andava in scena. Un palazzone enorme, in passato sede della Posta italiana, adesso in disuso, come tantissimi altri stabili in città, veniva occupato in prima mattina. Duecento persone circa, 68 nuclei familiari, 74 minori, settanta per cento migranti, di varie nazionalità, prevalentemente mediorientali e africani, di cui due famiglie di rifugiati, passati dal programma di accoglienza Sprar, per poi uscire in mezzo ad una strada.

Gli organizzatori dell'occupazione, cioè il collettivo antagonista Social Lag, si attendevano da subito l'arrivo delle forze dell'ordine, che sono intervenute, fin dalla mattina, in tenuta antisommossa, circondando lo stabile, per poi entrare dentro e costituire un cordone all'ingresso. Nel pomeriggio la rappresentazione drammaturgica del dolore sociale si infittiva, poichè in aiuto agli occupanti c'erano anche persone provenienti dalla precedente occupazione dell'ex Telecom, adesso sistemate presso il Palazzo del Galaxy: ma questa è un'altra storia, anzi è l'atto precedente... La polizia, una volta entrata dentro, cercava di farsi largo tra uomini, donne e bambini asserragliati. Si sentivano urla e sguardi di paura, bambini che piangevano... Qualcuna con in braccio il proprio figlioletto accusava le forze dell'ordine di essere stata violentemente strattonata.

 

Intanto i cori di odio e gli insulti nei confronti delle forze dell'ordine facevano da colonna sonora alla triste giornata, finchè la rappresentazione non assumeva toni grotteschi. Arrivava la funzionaria del Comune, responsabile del Servizio Minori, Annalisa Faccini. Ma in realtà non si capiva bene quale potesse essere il suo mandato in quel momento: sembra per sapere se vi fossero effettivamente persone residenti al Galaxy... Le veniva spiegato che la loro presenza era semplicemente un atto di solidarietà.

Nasceva un battibecco con gli organizzatori dell'occupazione, la funzionaria del Comune accusava i giovani antagonisti di strumentalizzare la precarietà, incolpandoli di essere i responsabili di questa situazione. Ne nasceva un alterco, per cui la donna veniva assalita dagli insulti sia di chi era sopra che di chi le stava accanto. Presa dal panico scoppiava in lacrime e si abbracciava ad una donna con un bambino, chiedendole di venire con lei. Gli occhi atterriti della funzionaria del Comune, diventavano appunto la chiave grottesca del pomeriggio di rabbia. La donna, col piccoletto in grembo, rifiutava di seguirla e la Faccini si inabissava in mezzo alle forze dell'ordine, mentre dall'alto vieniva apostrofata con gli insulti più diversi. Una volta fuori dagli assalti verbali, rilasciava dichiarazioni alla stampa cariche di ironia nel confronti degli antagonisti...

 

La tensione maggiore arrivava quando i camion dei vigili del fuoco cercavano di entrare nell'area in questione, venendo immediatamente bloccati dai giovani antagonisti. Qualche tafferuglio, i soliti insulti, questa volta rivolti anche ai vigili del fuoco. La situazione si protraeva fino a sera inoltrata senza che si riuscisse a sbloccare. Il Comune si dichiarava pronto a prendere in assistenza donne e bambini attraverso il cosiddetto pris, pronto intervento sociale, uno strumento emergenziale che da un riparo nei centri di accoglienza comunali, cosiddetti a bassa soglia, dove stai per qualche settimana in grandi camerate e alle 8 del mattino devi uscire e andare in giro per la città.

L'ultima scena della drammaturgia sociale è infatti sempre la stessa, cioè affrontare il fenomeno, da parte della municipalità, con la logica dell'emergenza e non con una visione sociale complessiva delle fratture urbane. Perchè l''incapacità di avere una visione della città che sia legata alla salvaguardia dei diritti, soprattutto per le fasce più deboli del tessuto urbano, sembra sia costruita ad hoc, nei sistemi territoriali italiani. Attraverso la continua logica dell'emergenza si riesce a governare un sistema di rendite di posizione.

 

Lo hanno insegnato le storie delle terre di mezzo, che lo scandalo delle cooperative romane ha portato alla luce. Ma al di là del caso romano, deve vi era una vera e propria organizzazione mafiosa che gestiva gli affari sotto minaccia anche fisica, ogni città italiana ha la sua dimensionalità rispetto ai fenomeni di gestione della precarietà. Per cui le terre di mezzo prendono fisionomie diverse a seconda del posizionamento geografico. La regola è sempre la stessa, insomma: dove c'è emergenza ci sono interessi da gestire...

 

Credit Radio Cento Mondi