Solo andata per l'inferno

La ragazza di Benin City

 

“Le ragazze di Benin City. La tratta delle nuove schiave dalla Nigeria ai marciapiedi d'Italia” è un libro scritto nel 2007 da Laura Maragnani, che ha fatto luce su una delle mostruosità più aberranti dell’ultimo decennio, cioè la riduzione in schiavitù delle ragazze di Benin City, una delle più grandi città della Nigeria. Vengono fatte prostituire in Italia, da parte di vere e proprie organizzazioni mafiose nigeriane, ben radicate sul territorio della penisola. La storia che presentiamo riguarda una di queste ragazze e l’abbiamo raccolta nel 2011 a Bologna.

By Marco Marano

Percezione straniero

 

L’iconografia del continente africano riporta alla mente lo stereotipo della fame nel mondo. Si, perché il tema della scarsità di risorse, non riguarda la maggioranza delle persone “dalla pelle scura“ che incontriamo sull’autobus o sul pianerottolo. Molte di quelle persone, sembrerà strano, arrivano da paesi dove le risorse ci sono. La Nigeria ad esempio, è il sesto paese al mondo produttore di petrolio, ma lì non c’è benzina a basso costo, dato che il Paese dipende dall'estero per gli approvvigionamenti di carburante, e i proventi delle ricchezze prodotte dall’estrazione petrolifera rimangono nelle mani delle gerarchie governative.

 In Nigeria c’è una delle più grandi diaspore del nostro tempo. 150 milioni di abitanti, 400 etnie, una miriade di lingue diverse fanno da contorno allo scontro tra ceppi etnico-religiosi: a nord regna la sharia e a sud il cristianesimo. Ma c’è anche la violenta ribellione del Mend, gruppo armato del Delta, contro le grandi compagnie petrolifere, che hanno annientato l’ecosistema per l’assenza dei meccanismi di sicurezza degli impianti, trasformando in deserti paludosi interi villaggi, dove pesca e agricoltura rappresentavano il sostentamento per migliaia di persone.

E che dire del raket di Benin City, dove violenza, riti wodoo, superstizioni, sono gli strumenti per la riduzione in schiavitù per migliaia di ragazze. E che dire della classe politica nigeriana, che fa della corruzione e della violenza la sua ragion d’essere, come alle ultime elezioni, dove i partiti che gareggiavano assoldavano bande armate contro la popolazione.

Il tempo capovolto

 

A Benin City,  in Nigeria,  sembra che il tempo si sia capovolto. Due milioni e mezzo di abitanti e le sue strade sono decadenti, sporche e piene di buche. Le case sono simili a baracche. La vita qui costa poco e non vale quasi niente. Bastano pochi spiccioli per mangiare il solito piatto di riso e pesce secco. Ma per pochi spiccioli una famiglia può anche “vendere” il proprio bimbo come domestico nelle case di chi sta un  meglio.

 

Ogni notte vado sulla strada per pagarmi la libertà. Vogliono cinquantamila euro, è questo il debito che ho con loro. Sono tre anni che faccio questa vita e sono riuscita a restituirgliene solo ventimila, chissà quanto tempo dovrà passare prima che questo incubo finisca. Mi avevano detto che avrei trovato un lavoro onesto, che così potevo aiutare i miei, e invece si sono presi la mia vita.

La mafia controlla la mia famiglia

 

Di lavoro a Benin City non ce n’è ed è difficile capire come la gente riesca a cavarsela. C’è sempre un gran via vai di persone in strada, nei mercati, ovunque. Una miriade di attività informali.  Ma di lavoro vero e proprio, poco o nulla. Al contempo però in città convivono simboli di ricchezza e sviluppo:  fuoristrada americani ultimo modello, campi da golf con il prato all’inglese, ville sontuose protette come fortezze.

 

L’altra notte un cliente gentile mi ha detto che potrei uscire da tutto questo, ma non è così semplice. La mafia controlla la mia famiglia e se non gli restituisco i soldi fanno del male a mio padre e a mia madre. Io non voglio problemi, loro sono potenti, controllano tutto. Sono cattivi. Ogni tanto mi picchiano, mi dicono che devo restituirgli i soldi e finchè non lo faccio appartengo a loro.

Giurare obbedienza

 

Camminando per le strade si sente una cruenta fame di danaro e questo si percepisce in tutte le dimensioni sociali: chi può procurarsi danaro con qualsiasi mezzo sembra legittimato a farlo, poiché le istituzioni pubbliche stesse lo fanno al di fuori di qualsiasi regola e rispetto umano.

 

Quando sono arrivata in Italia hanno fatto il rito ju ju a me e ad altre due ragazze. Hanno preso le mie mutandine dove c’era del sangue mestruale, poi mi hanno tagliato una ciocca di capelli e hanno mischiato tutto. Lo stregone ci ha fatto bere un liquido disgustoso, facendoci giurare che avremmo sempre obbedito, se no la mala sorte avrebbe colpito le nostre famiglie.

Non risultavano i conti

 

C’è tanta voglia di scappare, ecco perché i cybercafé, sono ovunque affollati di giovani. È il business che va per la maggiore. Alcuni cercano una scuola o un lavoro all’estero; le ragazze chattano con “fidanzati” che sperano di raggiungere in Europa. Altri si sono specializzati in truffe telematiche. Tutti paiono proiettati verso l’estero, il paradiso immaginato, inseguito, voluto a ogni costo.

 

L’altra notte ad una mia amica le hanno dato tante botte. Piangeva, piangeva tanto, voleva andare all’ospedale  ma non ce l’hanno portata per non avere problemi. Non risultavano i conti, i preservativi non corrispondevano ai soldi che ha dato, mancavano trenta euro. Lei ha spiegato che l’aveva perso. 

La morte come pensiero permanente

 

Ma cosa vuol dire scappare da un contesto come questo? Forse ritrovare la dignità di esseri umani, dignità rubata dai governi corrotti e violenti, con cui gli stati evoluti fanno affari, rubata dalle grandi holding petrolifere occidentali, che hanno saccheggiato la Nigeria. Allora com’è possibile che in uno dei più grandi paesi produttori di petrolio ci siano pochissimi ricchi e tantissimi poveri…? Benin City è proprio questa.

 

Come vedo la mia vita? Sarebbe bello un giorno avere un marito italiano che mi vuole bene e mi porta via da tutto questo. Sarebbe bello poter crescere dei figli e riuscire ad aiutare la mia famiglia. Ma certe volte ho un brutto pensiero,  penso di stare per morire e che questo è solo un sogno irraggiungibile.

 

 

L'inferno nigeriano

Boko Haram è una organizzazione fondamentalista musulmana sunnita. Il suo nome in lingua hausa significa “l’educazione occidentale è peccato”; essa è divisa in fazioni ed è diventata nota in seguito alla recrudescenza della violenza religiosa nel 2009 contro i cristiani e le loro chiese. Nata nel 2002 per opera dell’imam Mohammed Yusuf nella città di Maiduguri, capitale dello stato del Borno, nel nord-est del Paese, Boko Haram mira alla creazione di uno stato islamico in Nigeria, all’imposizione della Sharia nella sua interpretazione più radicale e ad un’interpretazione letterale del Corano.

C’è da dire che non sono ben chiari i rapporti con il resto del movimento jiadista, presente in Africa e Medio Oriente, anche se negli ultimi mesi sembra che sia stato stretto un legame con le reti presenti in Mali, tanto da auspicare, da parte del Presidente nigeriano Goodluck Jonathan, l’intervento francese per reprimere la ramificazione dell’organizzazione, dove sembra essere inserita nel traffico di droga, funzionale a far cassa. Il governo nigeriano ha tentato di smantellare l’organizzazione nel 2009 con l’arresto e morte di Yusuf. Il successore, Abubakar bin Muhammad Shekau, più radicale, ha sviluppato l’organizzazione dal punto di vista militare, attraverso nuovi obiettivi: le infrastrutture governative.

I loro attacchi sono principalmente rivolti, oltre che contro le chiese, contro le scuole, tanto che nel 2012 circa 10000 alunni della città di Maiduguri sono stati costretti ad abbandonare l’istruzione, poiché bisogna anche considerare che in Nigeria tutti i diritti fondamentali sono difficilmente garantiti, quindi se una scuola viene distrutta non vi è la possibilità di costruirne un'altra o di spostare gli alunni da qualche altra parte… In questo senso la sua strategia jiadista si differenzia dalle altre grandi organizzazioni territoriali come al-Qaeda o Al Shabab. Le azioni eclatanti sono state rivolte contro il quartier generale della polizia nella capitale federale Abuja, nel giugno 2011, e due mesi dopo alla sede dell’Onu nella stessa città.

L’ultimo evento luttuoso, in larga scala, è di questi giorni con l'assalto al carcere della città di Bama, nel nord est del paese, liberando 105 detenuti. Inoltre hanno dato alle fiamme alloggiamenti militari, una stazione di polizia, edifici governativi, causando una strage. Sono rimasti uccisi 22 poliziotti, 14 guardie carcerarie, due soldati, quattro civili e 13 fondamentalisti.

Boko Haram è fondamentalmente diviso in fazioni, sembra che siano tre quelle certe, che agiscono spesso autonomamente, per cui se qualcuno lancia messaggi all’esterno ciò non vuol dire che parli a nome di tutta l’organizzazione. In tal senso non si comprende bene il sistema organizzativo interno, a partire dalla catena di comando. Ecco perché diventa difficile da parte delle autorità nigeriane, instaurare un possibile dialogo, anche se c’è da dire che neanche il governo nutre di attendibilità visto che le forze dell’ordine sono spesso autonome dalle direttive governative, diventando protagonisti di innumerevoli violazioni dei diritti umani, che contribuiscono ad alimentare sfiducia nelle istituzioni.

Negli ultimi tempi una delle fazioni di Boko Haram si è specializzata nel rapimento di ostaggi per finanziare l’organizzazione, si chiama Ansaru, e i suoi leader hanno dichiarato la loro vicinanza ad altri movimenti jiadisti come Aqmi attivo, appunto, nel nord del Mali. Una delle loro vittime fu proprio Silvano Trevisan, rapito insieme ad altri sei ostaggi e ucciso lo scorso anno, per motivi ufficialmente legati ad una sorta di ritorsione contro i paesi europei presenti in Mali e Afganistan. In un video uno dei presunti leader di questa fazione ha anche dichiarato di prendere le distanze dalla disumanità delle azioni di Boko Haram perché coinvolge anche la comunità musulmana moderata.

Il radicamento dell’organizzazione affonda nel contesto locale della Nigeria del nord. Un’area in cui il rifiuto dell’autorità centrale ha radici storiche, individuabili anche nei contrasti per il controllo del petrolio. Gli abitanti delle regioni settentrionali si considerano svantaggiati proprio per l’alto tasso di corruzione del sistema politico, che non permette alla popolazione di beneficiare delle risorse dello stato africano più popoloso, il quarto esportatore di petrolio, uno dei più poveri del mondo, dal punto di vista della popolazione.

C’è da dire che il mistero sulla effettiva catena di comando sembra nascondere legami e sostegni ambigui con alcuni centri del potere politico nel nord. C’è una inchiesta, ad esempio, su due senatori del People Democratic Party, il partito di governo, Ahmed Zanna e Mohammed Ali Ndume o voci sull’ex dittatore Ibrahim Babangida, che si difende accusando di complotto il Presidente in carica. C’è una tradizione da parte dei gruppi di potere del nord, di supportare l’instabilità, come il sostegno al Mend, il movimento di emancipazione nella regione petrolifera del Delta. Ciò che è sicuro è che l’autorità del capo dello Stato in carica è vacillante, considerate anche le guerre di posiszione all’interno delle istituzioni in vista delle nuove elezioni del 2015, anche se, come la storia insegna, le elezioni in Nigeria si vincono con intimidazioni, violenza organizzata e brogli.

Isocké: Io ex schiava del sesso

In giro per Benin City