VIENNA CITTA’ DEL MONDO

 

Nella città più imperiale d’Europa,

attraverso le strade di Naschmarkt,

rintracciamo la cronaca dei nostri tempi

 

30 marzo 2013

 

 

By Marco Marano

 

Tra storia e contemporaneità

 

In una giornata uggiosa di fine marzo, intrisa di malinconia, Vienna ci accoglie come solo lei può fare, avvolgendoci dentro quel museo a cielo aperto qual è la città, permettendoci di respirare la storia dell’Europa, di cui per secoli ne è stata una delle capitali più eccelse, ma al tempo stesso presentandoci quella contemporaneità che fa da sintesi al nostro tempo. Si perché la dimensione multietnica, anzi dovremmo dire multi-nazionale, è tratteggiata col pennello di un artista nella semplicità delle grammatiche e delle semantiche, per cui, ad esempio, quella strana e curiosa miscela gastronomica che in alcune insegne si scorge, può diventare una non convenzionale chiave di lettura: “pizza & kebap”…

Tra Europa e Asia

 

Se dalle tradizioni culinarie della capitale austriaca, che riuniscono varie nazionalità europee, come quella boema, ungherese, italiana ed ebraica, si evince, in ragione delle secolari dimensioni di quell’impero di cui fu capitale, la vocazione ad incorporare caratteri culturali diversi dai propri, i processi migratori degli ultimi due decenni spiegano come le tradizioni europee sono andate a fondersi con quelle asiatiche, attraverso un processo abbastanza armonico.

Un luogo d’incontro universale

 

C’è un luogo che, attraversandolo, ci racconta in qualche modo le storie di migrazioni che si sono avvicendate negli anni, dove le grammatiche e le semantiche si sono fuse alla lingua tedesca e all’inglese: Naschmarkt, il mercato all’aperto di Vienna, situato tra  Karlsplatz e Kettenbrückengass. In effetti, come molti mercati europei, è un microcosmo che sintetizza la dimensione mondialista della città, perché oltre alle centinaia di bancarelle di frutta, verdura, alimentari, spezie, provenienti da tutto il mondo, ci sono una miriade di ristorantini e bistrò legati alle varie nazionalità che si sono insediate in città. E’ un vero e proprio luogo d’incontro universale, dove giovani e anziani si ritrovano. E nel fine settimana il vicino mercato delle pulci diventa luogo di svago colorato, mentre i giovani fino a sera possono divertirsi grazie ai Dj che in alcuni locali di Nashmarkt mettono la loro musica.

Dalla Turchia e dal sud est asiatico i maggiori insediamenti

 

Secondo i dati del 2012 a Vienna sono presenti 590.845 persone con background migratorio, cioè il 34 per cento della popolazione metropolitana. Se consideriamo che nell’intera Austria le statistiche dello stesso anno parlano di 970.000 cittadini stranieri, il dato più interessante riguarda il fatto che nella capitale  sono concentrati più della metà dei cittadini immigrati rispetto all’intera Austria. Il 34 per cento proviene dai paesi UE: Turchia, paesi dell’ex Jugoslavia e paesi dell’est compongono la maggioranza degli insediamenti. Per ciò che concerne le altre aree del mondo il “contingente” maggiore proviene dai paesi del sud est asiatico, circa l’11 per cento, mentre il 6 per cento circa proviene da Africa e Americhe.

Lo sviluppo può passare dalle imprese straniere

 

La visione di una città integrata europea del ventunesimo secolo non può che partire da una idea di partecipazione collettiva alle dinamiche di crescita del tessuto urbano, proprio perché il senso delle differenze, se azionato con i giusti meccanismi, può produrre quel valore aggiunto attraverso cui la crescita di una città può distinguersi in termini di ricchezza, sia economica che sociale, per l’intera città. E’ così che la municipalità di Vienna ha elaborato un progetto che sicuramente rappresenta una best pratics nell’ambito delle politiche di inclusione sociale a livello europeo. Si chiama “Thara Biznis” ed è una sorta di “Job Office” virtuale, attivato da un sito web e dedicato a tutti quei cittadini rom e sinti provenienti dall’ex Jugoslavia, per fare da matching tra domanda e offerta di lavoro. Ma non solo, perché attraverso questo progetto si costruiscono percorsi laboratoriali per giovani, donne e adulti, ma anche laboratori per i cosiddetti “moltiplicatori”, cioè cittadini rom che si propongono come dei “mediatori territoriali”, per fare da sintesi tra il mercato del lavoro e la dimensione culturale della loro specifica comunità.  Per lanciare questa iniziativa è stato indetto un vero e proprio concorso, finalizzato a premiare progetti d’impresa in due categorie: “diversità “ e  “Giovani Imprenditori”.

Oriente e occidente insieme

 

Percorrendo il Naschmarkt si ha davvero l’impressione di essere in mezzo al mondo. Sapori, colori, odori, somi parlano variegate lingue. C’è il medioriente con le specialità israeliane e libanesi: Tabulè si chiama l’insalata tipica “from Beirut”. Mentre in un particolare ristorantino a due spazi troviamo la sintesi di tutto. Si chiama “Orient & Occident”, e lì, non si capisce bene se tra commistioni o contaminazioni, ci addentriamo nei sapori della cucina turca. Oriente e occidente insieme sembrano la vera chiave di lettura di Naschmarkt e quindi di Vienna, che dal suo distaccato splendore imperiale sembra adattarsi perfettamente alle dinamiche del nuovo millennio.

Il “Refugee Protest Camp”

 

 Ma c’è una storia da raccontare che sottolinea la peculiarità di questa città, la quale offre, a chi non la conosce, un fortissimo senso del passato, per le sue caratteristiche architettoniche. Quando però si tratta di scontrarsi con le contraddizioni del nostro tempo, Vienna certo non si tira indietro. Tutto ebbe inizio nel novembre del 2012 quando nell’ambito delle proteste di molti richiedenti asilo e rifugiati in Europa, un gruppo cospicuo di questi allestirono un campo spontaneo in Sigmund Freud Park. Le proteste erano state generate dall’opposizione alla regola di Dublino che obbliga i richiedenti asilo a restare nel primo paese dove gli sono state prese le impronte digitali. L’esperienza del Refugee Protest Camp diventa atipica poiché sostenuta dall’autofinanziamento  e dal mutuo aiuto dei richiedenti, ma non dura molto poiché nel periodo natalizio viene smantellato dall’autorità costituita. Attorno ad esso però monta una solidarietà da tutta Europa, mentre in città, operatori sociali, ong, e la chiesa cattolica si mobilitano. Così l’Arcidiocesi e la Caritas insieme al privato sociale individuano un monastero come sede e luogo per la rinascita sociale di chi nel proprio paese non può più tornare…

photo credits Marco Marano